Premesso che ogni generazione reputa di aver vissuto la propria giovinezza nel migliore dei mondi possibili e non comprende la logiche sociali di quella successiva, un po’ di rimpianto verso un’epoca storica in cui i disturbi dell’alimentazione, anoressia in primis, colpivano solo una fascia di età assimilabile all’età adulta risulta comunque doveroso.
Nel corso dell’incontro dedicato dall’Ospedale Bambin Gesù di Roma al tema delle malattie nervose sviluppate durante l’infanzia (oggi alle ore 16:30 presso l’Auditorium San Paolo), verranno infatti discussi gli allarmanti dati che parlano di un aumento di incidenza per l’anoressia presso la fascia di popolazione collocata tra gli otto e i nove anni.
Se la maggior parte dei soggetti colpiti si colloca ormai tra i 12 e i 17 anni, i casi di anoressia sviluppati durante l’infanzia hanno recentemente raggiunto percentuali comprese tra lo 0,2% e lo 0.8% dei bambini in età pediatrica, segnalando un allarmante decrescita anagrafica della fenomenologia associata ai disturbi dell’alimentazione.
Il focus italiano sull’anoressia ha inoltre mostrato come anche i maschi abbiano iniziato a soffrire di una problematica fino a poco tempo relegata in modo esclusivo all’ambito femminile e come lo sdoganamento di nuovi modelli estetici abbia ampliato il raggio d’azione della patologia.
Erroneamente considerata per decenni alla stregua di un semplice capriccio, l’anoressia rappresenta in realtà la prima causa di morte dell’intero ambito delle patologie psichiatriche, con un’incidenza di mortalità che colpisce l’1,8% dei soggetti affetti in età pediatrica e fino al 10% in età adulta.
Il repentino abbassamento dell’età media dei soggetti colpiti deve dunque portare l’intero tessuto sociale in direzione di una riflessione profonda sul rapporto che lega gli standard estetici all’accesso al cibo, prima di trovarci costretti a rimpiangere epoche storiche ormai tramontate, non solo in base alla semplice nostalgia generazionale.
Fonte: Emerge il Futuro