In un mondo dove razionalità e statistiche appaiono soffocati da ogni singola immagine postata su Facebook che attesta i presunti danni delle vaccinazioni infantili su altrettanto presunti bambini, ad alcuni genitori è venuta l’idea di rendere pan per focaccia, mostrando i danni che la pertosse può produrre su un piccolo organismo privo dell’adeguata copertura vaccinale.
Una madre australiana di nome Rebecca Harreman ha infatti deciso di riprendere il suo bambino durante un attacco causato dalla pertosse e di dare vita ad un breve filmato in cui mostra la triste condizione del neonato, non sottoposto alle vaccinazioni del caso ed esposto così ai rischi di una patologia che può portare a serissime complicazioni in età pediatrica.
Nel giro di pochi minuti il breve filmato è diventato virale ed ha raccolto un numero infinito di apprezzamenti e condivisioni, trasformando il piccolo malato nell’inconsapevole testimonial di una campagna a favore dei vaccini su scala globale e nel simbolo dei danni prodotti da patologie per far fronte alle quali sono state ideate semplici e gratuite misure preventive.
Ovviamente il video ha suscitato l’ira dei gruppi anti-vaccinali presenti sui social network (per i quali postare fotogrammi di bambini menomati dai vaccini è cosa buona e giusta, ma mostrare i danni di una vera patologia corrisponde ad un abominio) e prodotto così la genesi di svariate richieste di rimozione del video incriminato da internet.
Ricordando che la pertosse colpisce ogni anno tra i 20 e i 50 milioni di bambini nel mondo, provocando un numero di decessi stimato introno alle 300 mila unità e una lunga serie di complicazioni che aumenta al diminuire dell’età del paziente, invitiamo come di consueto tutti a sottoporre i propri figli alle vaccinazioni obbligatorie che possono scongiurare l’eventualità, anche senza il bisogno di video e immagini scock
Per chiunque fosse comunque interessato alla visone del filmato, il video si trova agevolmente sui principali canali online; la decisione di non pubblicarlo in questa sede deriva dalla convinzione che la sofferenza di un singolo bambino dovrebbe sempre rimanere un fatto privato e dalla speranza che la razionalità torni a trionfare anche senza “like”, condivisioni e inconsapevoli bimbi impiegati come testimonial di battaglie che non vorrebbero mai trovarsi costretti a combattere.
Fonte: Emerge il Futuro