Ideati con l’esplicito intento di curare i malati e di fare in modo che la condizione patologica presente all’ingresso si trasformi in ricordo al momento dell’uscita, gli ospedali italiani si trovano sempre più ad essere vittime di tagli, razionamenti e malaffare tali da produrre la paradossale situazione in cui paziente viene effettivamente dimesso quando si trova guarito dalla patologia che aveva imposto il ricovero, ma si trova misteriosamente affetto da una nuova malattia, talvolta persino più grave di quella che lo aveva condotto dal medico.
Stando a quanto sostiene il direttore dell’Unità Operativa di Malattie Infettive presso l’Ospedale di Pisa, il professor Francesco Menichetti, pare che le infezioni contratte in sede ospedaliera abbiano recentemente subito un incremento medio pari al 10% e che la scarsa attenzione ai batteri presenti nella corsie si traduca di sovente nella genesi di patologie, come la polmonite sempre più difficili da curare, data la ben nota resistenza delle nuove classi di microrganismi di fronte all’azione degli antibiotici.
Il fenomeno, già allarmante di per sé, raggiungerebbe inoltre picchi di incidenza pari al 20% all’interno dei reparti di terapia intensiva, dove le possibilità di contrarre una polmonite batterica originata da Klebsiella Pneuomoniae raddoppiano, con tanto di tasso di mortalità provocato dall’infezione pari al 50% dei soggetti colpiti ed evidente emergenza sanitaria alla quale cerare di far fronte, mentre ci si trova già impegnati nel tentativo di salvare la vita la paziente.
L’unica modo per uscire dalla perniciosa impasse è rappresentato dall’allentamento della morsa economica che comporta continui tagli di personale e di macchinari e il rafforzamento di quell’infection control che potrebbe consentire la piena eliminazione dei batteri dagli ospedali, finalmente pronti a tornare luoghi di cura e non strani posti in cui vengono operate sostituzioni delle patologie al momento dell’ingresso in corsia.
Fonte: Emerge il Futuro