Rifiutare le vaccinazioni infantili non significa semplicemente esporre i propri figli ad un rischio tanto grande, quanto stupido, ma anche mettere a repentaglio l’incolumità di quei soggetti che, a causa di patologie invalidanti, si trovano esposti di fronte alla minaccia del contagio e non possono, neanche volendo, ricorrere alle opportune misure profilattiche.
A testimoniare quanto la minaccia non rappresenti una semplice casistica teorica, ha fatto scalpore il caso di una bambina di sei anni, impossibilitata ad andare a scuola perché 8 tra i suoi futuri 18 compagni di classe non sono stati regolarmente vaccinati e rappresentano una sorta di mina vagante per le sue già precarie condizioni di salute.
La piccola protagonista della vicenda ha infatti contratto una patologia, quando aveva due anni, che le ha impedito di sottoporsi al richiamo contro morbillo, parotite, rosolia e varicella; patologie che, in caso di contrazione, potrebbero rivelarsi fatali per la sua sopravvivenza, data la pregressa storia clinica della bimba e l’immunodeficienza che renderebbe le malattie in questione molto più pericolose di quanto non lo siano per un soggetto sano.
In attesa che le istituzioni, con il ministro Giannini in testa, si mobilitino per garantire alla piccola Lia il suo basilare diritto all’istruzione, la vicenda riportata dal Corriere della Sera ha riaperto la questione, mai così in voga, relativa alle vaccinazioni e alla necessità di istituire un piano nazionale in grado di ricondurre i bambini sotto l’ala protettrice della misura.
Con la viva speranza che la piccola possa regolarmente frequentare la prima elementare presso il paesino di Greve in Chianti nel quale risiede, l’auspicio è quello che la vicenda funga da ulteriore monito contro quel rifiuto dei vaccini che coinvolge non solo i propri figi, ma che espone ad un enorme rischio quei medesimi soggetti deboli che necessiterebbero di maggiori tutele.
Fonte: Emerge il Futuro