In virtù di una differente conformazione anatomica e di differenti dosaggi ormonali, gli organismi maschili e femminili sono logicamente soggetti a complessi di disfunzioni e malattie distinti e non sovrapponibili, secondo uno schema che porta la congiunzione della componente morfologica e quello legato alla produzione ormonale a dare vita a cortocircuiti organici, principalmente di tipo oncologico, in grado di differenziarsi all’interno del soggetto ospitante.
Se chiunque possiede le basilari nozioni di anatomia ascriverà dunque la genesi del cancro alla prostata all’universo maschile e la cistite alle ovaie a quello femminile, il tumore al seno rappresenta in realtà una sorta di “terra di mezzo” patologica molto più ambigua e ambivalente di quanto gli ovvi fenomeni legati alla specifica incidenza potrebbero far supporre.
Pur non trovandosi muniti di seno, nell’accezione comune del termine, gli uomini si trovano infatti soggetti ad una particolare forma di cancro alla mammella in grado di rappresentare l’1% dell’universo oncologico maschile e di trovare nella predisposizione genetica un terreno di insorgenza simile a quello che definisce la genesi della malattia in ambito femminile.
Una recente ricerca condotta dalla professoressa Laura Ottini, facente capo all’Università la Sapienza di Roma, in collaborazione con il dottor Antonis Antoniou dell’università di Cambridge ha infatti preso in esame la presenza di alcuni marcatori genetici in grado di preordinare la comparsa del cancro al seno negli uomini, scoprendo meccanismi d’azione simili a quelli femminili e un’incidenza media superiore al previsto.
L’analisi di 500 mila poliformismi in un campione statistico maschile pari a 1802 soggetti ha infatti mostrato la presenza di variazioni genetiche, localizzate in corrispondenza di Brca 1 Brca 2, in grado di determinare a priori la possibile comparsa di un cancro alla mammelle su base genetica, esattamente come nel caso di Angelina Jolie e di meno illustri omologhi.
Lo studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology ha dunque mostrato un aspetto delle patologie oncologiche inedito ed in grado di esulare, almeno in parte, da quella rigida catalogazione di ambiti, determinata dal sesso che divide rigorosamente l’universo maschile da quello femminile.
Fonte: Emerge il Futuro