L’ormai arci-nota dieta mima-digiuno del dottor Longo ha mostrato come al sottoposizione dell’organismo umano ad un regime vitale “ridotto” riesca non solo a stimolare funzionalità immunitarie ignote, ma anche a consentire ai malati di cancro di reagire meglio di fronte agli effetti di chemioterapia e radioterapia, per via di uno schema molecolare che porta le cellule del nostro copro ad avvertire la presenza di un pericolo simulato, legato alla riduzione calorica, e a risultare più efficienti nell’eliminare scorie e tossine farmacologiche.
In un modo piuttosto simile una team di ricerca italiano ha tentato di comprendere se uno stato di letargo simulato possa risultare funzionale a contrastare gli inevitabili effetti derivanti dalla radioterapia, sfruttando un meccanismo simile, ma di segno opposto, che prevede un organismo sopito meno incline ad assorbire sostanze tossiche, per via di una ridotta funzionalità cellulare.
Un’equipe di medici capitanata dal professor Marco Durante ha infatti sottoposto alcuni malati terminali di cancro ad un esperimento che prevedeva brevi sessioni di ibernazione (ovviamente temporanee e controllate) come arma per combattere il dolore provocato dalla radioterapia, andando appunto a sfruttare una sorta di torpore letargico in ottica di diminuire l’attività metabolica e di limare così l’azione nociva prodotta dalla radioterapia sull’organismo.
Attualmente in fase embrionale e collocata poco sopra il livello delle intenzioni teoriche, l’idea ha comunque mostrato la sua bontà in sede di test e potrebbe un giorno rivelarsi alla stregua di una nuova arma anti-cancro, dato che la possibilità di preservare l’organismo dagli effetti della radioterapia porta in dote la possibilità di impiegare un numero crescete di radiazioni contro le masse tumorali e dunque comportare un più elevato coefficiente di successo nell’eliminare la patologia.
In sostanza, una parte degli insuccessi riportati da radioterapia e chemioterapia derivano dal fatto che l’organismo umano può assorbire dosi di radiazioni o farmaci molto limitate per non incappare nel rischio di effetti collaterali potenzialmente letali; andando ad “ibernare” invece il corpo dei malati di cancro risulterebbe possibili eliminare questo freno e consentire alla radioterapia di svolgere il suo corso in modo più efficace e senza la preoccupazione sempre presente legata al dolore avvertito dal malato.
Presentata al meeting dell’American Association for the Advancement of Science di Boston, la scoperta pare aprire dunque frontiere alla lotta contro i tumori, andando a sfruttare quelle infinite potenzialità del corpo umano che si risvegliano o si affievoliscono qualora sottoponiamo il nostro organismo ad una privazione vitale utile a mettere in moto meccanismi altrimenti destinati a rimanere latenti.
Fonte: Emerge il Futuro