Nonostante gli allarmismi diffusi su scala globale e alimentati dall’Oms, risulta evidente a chiunque che se le carni rosse possedessero solo una minima parte di quel potenziale cancerogeno e patologico millantato a più riprese, l’umanità si sarebbe già estinta da almeno ventimila anni, portando con sé i suoi vizi e le sue cattive abitudini.
Dopo accurate analisi e revisioni condotte per conto del Ministero della Salute, la diatriba sulla pericolosità delle carni rosse pare dunque essere giunta ad una svolta, con l’assoluzione riportata per il prodotto alimentare in sé e il relegamento dei suoi presunti pericoli per la salute ad una sfera legata alla tipologia di cottura impiegata.
Secondo gli esiti di un recente studio condotto dal Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare, le carni manifestano infatti il loro potenziale cancerogeno (anch’esso comunque tutto da chiarire e molto più supposto che reale) se cotte alla brace, dato che l’esposizione ad altissime temperature per un tempo prolungato porta la carne a subire processi di trasformazione molecolare in cui si sviluppano al suo interno agenti tossici per la salute umane.
Lo studio in questione ha inoltre confermato come il nesso tra un elevato consumo di carni rosse e lo sviluppo di forme tumorali riguardi semplicemente il cancro localizzato al colon-retto, dato che anche a fronte di ingenti risorse impiegate per chiarire la natura del legame, nessuno è mai riuscito a provare in modo chiaro che l’assunzione di proteine animali abbia una qualunque forma di influenza su altre malattie di tipo oncologico.
Via libera dunque ad un moderato e responsabile consumo di carne rossa, facendo sempre attenzione a non eccedere con fritture e cotture alla brace, ma tenendo comunque presente che l’allarmismo infondato può fare molti più danni all’umanità di quanti non ne abbia mai fatti la carne, almeno nel corso degli ultimi ventimila anni di storia.
Fonte: Emerge il Futuro