Un tempo relegata al mero ruolo di rappresentanza istituzionale e a qualche rimbrotto qua e là, la figura del preside di istituto scolastico sta rapidamente assumendo nuova linfa vitale per via di quella colossale piaga umana e sociale che prende il nome di cyberbullismo e che vede i direttori scolastici in prima linea nel tentativo di arginare le violenze, prima che si renda necessario l’intervento delle forze dell’ordine.
In base ad un’ampia indagine sul fenomeno, condotta dal Censis, è risultato infatti che il 52% dei presidi italiani è dovuto intervenire, almeno una volta, per sedare le controversie originate dal bullismo condotto attraverso la Rete e che il 77% dei dirigenti di istituto reputi il Web alla stregua del luogo ideale dove commettere violenze e abusi.
Oltre a ricatti, umiliazioni, derisioni e tutto quanto rientra nella sfera del cyberbullismo, il 10% dei presidi ha inoltre dovuto gestire in prima persona le problematiche originate dal fenomeno del Sexting, legato all’invio di contenuti osè o pornografici attraverso la Rete, mentre il 3% dei direttori di istituto ha dovuto combattere con autentici casi di adescamento condotti attraverso Internet.
Data l’esperienza diretta e il carico di lavoro extra comportato dall’ideazione di Internet, la stragrande maggioranza dei presidi ritene appunto che il Web sia divenuto un luogo molto più pericoloso di quanto non lo siano attualmente le stesse scuole, i tragitti stradali che conducono verso casa o i ritrovi d’aggregazione giovanile; tutti considerati teatri storici del bullismo in una remota era pre-digitale.
Per far fronte ad un piaga ormai estesissima, dato che il 91% dei teenagers italiani è iscritto ad un sociale network e che l’87% impiega abitualmente smartphone e tablet per navigare, il 39% degli istituti scolastici presenti nel nostro Paese ha già adottato contromisure online volte a limitare il fenomeno, mentre il 63% delle nostre scuole intende farlo nel corso di quest’anno, anche se, secondo l’89% dei presidi, l’individuazione degli episodi di cyberbullismo resta complessa nella maggior parte dei casi e molto meno tracciabile rispetto al suo corrispettivo fisico.
La speranza, di fronte al funesto ritratto offerto dal Censis è quella che le scuole riescano nel loro intento di disincentivare e scoraggiare i cyberbulli dal mettere in atto autentiche violenze e che la figura del preside possa tornare presto a quel ruolo di mera rappresentanza istituzionale ormai definita dall’immaginario collettivo.
Fonte: Emerge il Futuro