Probabilmente, la cura della depressione rappresenta uno dei maggiori fallimenti della medicina moderna, data la difficoltà di individuarne le cause scatenanti e dato che la volontà di ricondurre un quadro sintomatologico vastissimo alla semplice ricaptazione della serotonina ha prodotto la genesi di una lunga serie di farmaci più utili in chiave commerciale che non effettivamente terapeutica.
Di fronte al possibile fallimento del paradigma vigente e di tutti gli antidepressivi di tipo SSRI, si profila all’orizzonte un nuovo approccio al “male oscuro”, grazie all’ideazione di una pillola che, anziché interferire con i neruotsamettitori e con le loro carenze, pare in grado di stimolare la “ricrescita” di quelle zone neuronali distrutte dalla patologia.
Recentissime ricerche hanno infatti attestato come i fenomeni clinici associati alla depressione si sviluppano in concomitanza con la perdita di quella facoltà, denominata neurogenesi, che porta alla produzione di nuovi neuroni all’interno del giro dentato dell’ippocampo e che consente, ad esempio, la separazione tra la memoria a lungo termine e quella a breve termine.
Ipotizzando che il calo nella neurogenesi possa essere la causa e non la conseguenza dello sviluppo della depressione, il farmaco denominato NSI-189 va a stimolare la crescita di nuovi neuroni all’interno del giro dentato dell’ippocampo (è l’unica area del cervello che produce neuroni in età adulta) con l’intento di abbattere la depressione facendo leva appunto sulla carenza produttiva.
Una prima fase di test clinici condotta dal dottor Maurizio Fava pare aver mostrato la bontà dell’intuizione, rivelando come la ripresa della neruogenesi interrotta dalla patologia risultasse funzionale all’alleviamento dei sintomi in modo molto più efficace rispetto agli antidepressivi di tipo tradizionale.
Premesso che in ambito di neuroscienze, paradigmi e teorie mutano con la stessa rapidità con cui cambia il vento, la ricerca condotta dal medico italiano e pubblicata sulla rivista Molecular Psychiatry potrebbe davvero rappresentare una strada definitiva verso la fine della depressione e il riscatto della medicina a seguito di una serie clamorosa di approcci fallimentari ed errori mai ammessi pienamente dagli ideatori dei moderni antidepressivi.
Fonte: Emerge il Futuro