Donare il sangue non è solo una delle azioni più nobili che possiamo compiere, ma è anche il modo di trascorrere una giornata diversa dai soliti schemi della routine, tentando di renderci utili all’interno di una struttura ospedaliera e ricevendo il doveroso compenso, in termini di stipendio e retribuzione, per il servizio sociale svolto anche lontano dall’ufficio o dalla fabbrica.
Fino ad ora, una piccola anomalia andava tuttavia ad intaccare lo schema e a porsi come deterrente nei confronti delle donazioni di sangue, dal momento che, in caso il nostro prezioso contenuto ematico non fosse stato ritenuto idoneo, ci sarebbe toccato in sorte di dover tornare a casa senza aver compiuto la nostra buona azione e senza il corrispettivo economico, non versato in assenza di effettiva donazione.
Con l’intento di ampliare lo spettro d’azione della pratica e di lenire un po’ la delusione dei donatori non idonei, il Ministero della Salute ha stabilito che i diritti retributivi e contributivi non verranno intaccati, anche a fronte della scoperta relativa alla non idoneità e che la giornata impiegata nel tentativo di aiutare il prossimo non andrà comunque sprecata.
Tramite un apposito decreto, frutto dell’intesa raggiunta tra Governo e Mef, le giornate di lavoro dedicate dalla donazione di sangue rientrano, a prescindere dagli esiti dell’operazione, nell’ambito delle giornate soggette alle comuni normative vigenti e non richiedono più il ricorso ad un permesso o ad ore di ferie in caso di scoperta di mancata idoneità.
Con la speranza che la notizia possa fungere da ulteriore incentivo per tutti coloro che ancora si trovano dubbiosi circa la reale utilità delle donazioni del sangue, è piacevole constatare come persino in questo Paese ogni tanto vengano eliminante quelle piccole anomalie burocratiche che frenano il cittadino dallo svolgere le azioni più nobili.
Fonte: Emerge il Futuro