Dal momento che di ogni singolo evento che si manifesta nella nostra esistenza conosciamo l’inizio, ma non la sua fine, siamo portati a ritenere che le eventualità nefaste possano durare per sempre, soprattutto in caso di una di quelle tremende epidemie virali che si presentano con un potenziale carico di conseguenze e pandemie ai più disparati angoli del Globo.
Se fino a due estati fa pareva che l’incubo Ebola che attanagliava l’Africa Occidentale fosse destinato a protrarsi negli anni e a diffondersi a macchia d’olio all’interno degli altri continenti, la possibilità di isolare il focolaio e di circoscrivere il fenomeno ha fatto in modo che l’umanità possa oggi salutare per sempre la fine dell’emergenza, anche se a fronte di un prezzo da pagare elevatissimo in termini di vite umane e disperazione.
Mentre i virologi facenti capo all’Oms possono finalmente scrivere la parola fine sull’epidemia africana e sui suoi rischi di diffusione, il bollettino medico e gli strascichi lasciati dal virus assomigliano molto a quelli di una guerra, con un bilancio di vittime stimato intorno alle 11.300 unità ed un elevatissimo numero di bambini (circa 22 mila) rimasti orfani.
Terminata l’emergenza legata al contagio, la principale problematica che attanaglia oggi la Sierra Leone, il Mali, la Guinea, la Liberia e la Nigeria riguarda infatti la necessità di ricostruire nazioni già alle prese con altre catastrofi ambientali e umane e di restituire dignità a chiunque si sia trovato a vivere in zone isolate o a fronteggiare da vicino l’incedere del virus.
Trascorsi dunque i 42 giorni dall’ultimo contagio, necessari a sancire la fine dell’epidemia secondo protocollo, l’Africa Occidentale può tirare il fiato e prepararsi ad affrontare nuove emergenze, senza il timore che possano durare per sempre e che il loro inizio non corrisponda ad una fine incerta nel tempo.
Fonte: Emerge il Futuro