Percepito per decenni come un impedimento all’atto amoroso e come un oggetto del mistero, il preservativo è stato a lungo oggetto di campagne informative rivolte al suo utilizzo frequente e a far capire al genere maschile quanto l’uso di contraccettivi fosse l’unica arma disponibile per arrestare la diffusione della piaga legata al virus Hiv.
Vinta con successo la lunga battaglia in Occidente, le stesse remore e gli stessi pregiudizi culturali attanagliano ora i paesi in via di sviluppo, dove la sola idea di convincere i maschietti ad indossare il preservativo appare ancora alla stregua di una chimera, per la gioia del virus Hiv e di una sovrappopolazione ormai diventata endemica.
Facendo leva sul Gentil Sesso, alcuni ricercatori sono in parte riusciti ad ovviare al problema, dando vita ad un particolare anello vaginale che, una volta indossato, consente di limare i rischi relativi alle infezioni da Hiv con punte statistiche in grado di spingersi fino al 30%.
Testato con successo su un campione pari a 4588 donne sieronegative residenti in Sudafrica, Malawi, Zimbabwe e Uganda, l’anello vaginale basa la sua efficacia sulla presenza di una componente battericida in grado di contrastare le infezioni trasmissibili attraverso il rapporto sessuale e riesce così a contenere la possibilità che il virus Hiv si trasmetta da uomo a donna, magari andando a comportare anche rischi per la prole in arrivo.
Nel dettaglio, lo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha mostrato una riduzione delle infezioni compresa tra il 27% e il 31% ed evidenziato come l’anello risulti particolarmente funzionale per le donne di età superiore ai 25 anni, dove il coefficiente di efficacia saliva fino al 37%; risultati più che soddisfacenti, in attesa che i maschietti si persuadano finalmente della necessità di indossare il preservativo.
Fonte: Emerge il Futuro