Il recentissimo caso di un minorenne belga al quale è stata praticata l’eutanasia per la prima volta nella storia del Paese, ha riaperto l’infinito dibattito sull’opportunità di concedere la “dolce morte” a tutti coloro che, a causa di invalidità o di sofferenza protratta nel tempo, preferiscono rinunciare alle cure del caso e accelerare un processo il cui epilogo risulta ormai scritto da tempo, senza possibilità di un finale alternativo.
Senza voler entrare nel merito di una questione che è stata ormai esplorata in ogni suo meandro e che si è tradotta con l’infinito rimando relativo ad una legislazione specifica in merito, la vicenda consumatasi in Belgio ha portato i riflettori nostrani ad accendersi su una realtà che appariva ultimamente un po’ adombrata, mostrando come l’eutanasia rappresenti spesso non soltanto una scelta dolorosa personale (forse la più dolorosa delle scelte), ma il movente per una fuga all’estero, in direzione di quelle nazioni che ammettono la possibilità all’interno del loro specifico statuto.
Dato che in Italia la pratica risulta essere vietata e che una trasgressione al divieto vigente può agevolmente tradursi in una denuncia per omicidio a carico del medico curante, circa 50 cittadini ogni anno (fonte Ansa) decidono di riparare verso la vicina Svizzera, dove è possibile praticare il suicido assistito già dal lontanissimo 1942, anno in cui infuriava il Secondo Conflitto e le tremende ferite riportate da alcuni soldati imponevano una rapida fine delle sofferenze per via farmacologica.
Nel dettaglio, in Svizzera operano 4 associazioni rivolte al suicidio assistito, la Lifecircle-eternal spirit di Basilea, la Ex international di Brena, la Dignitas di Forch (Zurigo) ed Exit Svizzera italiana del Canton Ticino, che si occupano di mettere in contatto i pazienti con i medici disposti a somministrare il farmaco attraverso il quale risulta possibile accelerare il decesso del malato.
Stando a quanto affermano le suddette associazioni, ogni giorno dall’Italia provengono circa 70-90 richieste di assistenza in materia, testimoniando così l’esistenza di una realtà nascosta che riemerge prontamente solo in concomitanza con casi di cronaca dalla risonanza planetaria o con il clamore suscitato dalla vicenda del 17enne belga.
Fonte: Emerge il Futuro