Qualche centinaio d’anni fa, uno dei fondatori del moderno metodo scientifico, Cartesio, sosteneva a spada tratta che gli animali non fossero che delle macchine semoventi, prive di qualunque possibilità di provare emozioni o di un’empatia paragonabile a quella concessa in dote alla sola specie umana.
Proprio il progredire della scienza e della matematica hanno tuttavia consentito, nel corso dell’ultimo secolo di dimostrare l’esatto contrario e di rimuovere ogni traccia di quel mondo antico in cui il regno vegetale e quello animale venivano concepiti come mera estensione inerte delle umane possibilità.
A sancire quanto ormai ritenuto ovvio da chiunque, è giunto un recente studio condotto dall’Università di Pisa che ha mostrato, senza il rischio di confutazione alcuna, come i cani siano capaci di un’empatia tranquillamente paragonabile a quella provata dagli uomini e come il loro sistema emotivo ricordi molto da vicino il nostro.
Sottoposti dad un lungo esperimento, dalle fattezze volutamente gioconde, i cani hanno infatti dimostrato di riconoscere pienamente la mimica facciale dei loro simili e dei loro padroni e di accordarsi in tempo reale a quella vasta sfera emotiva alla quale un volto sorridente, un inchino o un’espressione corrucciata rimandano.
Tramite 50 ore abbondanti di riprese video incentrate sulle reazioni dei quadrupedi, i ricercatori pisani sono infatti riusciti a dimostrare come anche i cani possiedano quel particolare meccanismo cerebrale definito come risposta involontaria che consente di sintonizzare i sentimenti su quelli dei propri simili, dando così luogo ad un autentico complesso di empatia.
All’atto pratico, ala scoperta di un sistema emotivo tanto complesso nei cani ci priva nostro status privilegiato nel cosmo e ci mostra come gli esseri intorno a noi siano capaci di analoghe emozioni, anche senza la presenza di quella componente linguistica che consente la piena espressione di quanto provato in un dato momento.
Lo studio pubblicato su Royal Society Open Science si pone dunque come ultimo approdo di secoli di ricerche volte a decostruire l’immagine di un mondo antropomorfo e di un’antica fase della scienza, della quale sono rimasti gli assi cartesiani, ma fortunatamente non le bizzarre teorie del loro ideatore.
Fonte: Emerge il Futuro