Erroneamente ritenuto alla stregua di una patologia che colpisce in modo esclusivo soggetti in età avanzata, magari a seguito di una vita vissuta all’insegna dell’eccesso e della cattiva alimentazione, l’ictus si manifesta invece molto spesso sotto la soglia dei 45 anni, dove la sua (già elevata pericolosità) è accresciuta dal mancato riconoscimento dei sintomi.
Se la possibilità di evitare danni permanenti all’organismo passa infatti dalla capacità di riconoscere l’attacco e di intervenire nell’arco di tempo compreso nelle tre ore successive, pare infatti che la stragrande maggioranza dei pazienti sotto i 45 anni (circa il 73%) tenderebbe a trascurare il quadro sintomatologico e a non associarlo alla comparsa di un ictus, aumentandone così a dismisura l’intrinseca pericolosità.
Secondo una ricerca condotta dai medici del Ronald Reagan UCLA Medical Center di Los Angeles, i 45 anni si configurano come la soglia al di sotto della quale i soggetti colpiti tendono a non riconoscere la comparsa di un ictus e a rinviare alle calende greche la richiesta di un soccorso, con conseguenze devastanti e spesso irreversibili sulla salute.
Se si considera che, nei soli Stati Uniti, si verifica mediamente un caso di ictus ogni 40 secondi e che l’incidenza tra la fascia di popolazione collocata tra i 18 e i 45 anni è cresciuta del 53% in pochi decenni, si evince la necessità di una campagna informativa su scala globale finalizzata al riconoscimento dei sintomi presso gli under 45.
Nonostante si conoscano infatti cause e sistemi di prevenzione nei confronti dell’ictus, la patologia può purtroppo colpire chiunque ed in qualunque momento, senza troppi preavvisi e senza che si sia necessariamente raggiunta quell’età avanzata alla quale l’immaginario collettivo relega la malattia.
Fonte: Emerge il Futuro