Gli agenti patogeni, si sa, sono un po’ come le fobie: basta abbassare un attimo la guardia e rispuntano come funghi, soprattutto quando davamo per assodato che il caldo anomalo avrebbe procrastinato all’infinito l’arrivo di quel picco influenzale che rappresenta lo spauracchio di milioni di cittadini e dei loro datori di lavoro, alle prese con carenze di organico e certificati medici.
Inizialmente collocato in corrispondenza delle festività natalizie, il temuto picco si sta manifestando sulla Penisola proprio in queste ore, portando il numero complessivo dei soggetti contagiati a superare al fatidica soglia del milione di unità, oltre la quale viene collocata la parabola ascendete dei quattro ceppi influenzali e gli esperti cominciano a parlare di epidemia, anche se di intensità piuttosto moderata.
Stando alle stime esposte dall’apposito osservatorio InfluNet pare infatti che l’arrivo di un’ondata di gelo, soprattutto nel centro-sud, abbia prodotto le condizioni climatiche necessarie alla proliferazione dei virus e che le zone colpite maggiormente dal freddo siano quelle in cui il numero di assistiti sia destinato a moltiplicarsi nel periodo che conduce verso l’inizio di febbraio.
Maggiore allerta dunque su Marche, Lazio, Campania e Basilicata, ma anche nella provincia autonoma di Trento, dove il freddo con la “effe” maiuscola ha portato il numero di casi registrati a moltiplicarsi nell’arco di poche ore, spingendo le istituzioni sanitarie nostrane e l’Oms a rilanciare i consueti inviti alle vaccinazioni, anche se tardive, e alla massima attenzione nei confronti dell’igiene e dei possibili fattori scatenanti per il contagio.
In caso non siate ancora ricorsi alle misure profilattiche del caso, l’invito è dunque quello a non abbassare la guardia di fronte al fastidioso pericolo virale, prima che ricompaia proprio quando pensavamo di averlo debellato, un po’ come avviene per tutte le ataviche paure che rispuntano ciclicamente come funghi.
Fonte: Emerge il Futuro