La volontà di apparire sempre e comunque in conformità con determinati dettami estetici e attitudinali non è un’invenzione del Novecento e dei mass media; molto prima che rockstar e cantanti dalla pessima reputazione si facessero fotografare intenti a degustare dell’ottimo tè, abilmente camuffato da Whiskey, nel profondo cuore d’Europa i cosiddetti “artisti maledetti” cercavano ristoro nell’amorevole abbraccio delle cure termali per sfuggire a loro stessi e agli eccessi sui quali avevano edificato un intero apparato filosofico.
Persino il padre putativo del decadentismo, Oscar Wilde, nutriva una spiccata predilezione verso quell’ambiente ricco di quiete, pace e serenità che riusciva a conferirgli l’ispirazione necessaria e il coraggio sufficiente a tornare in un mondo condito da eccessi, godimenti e ricerca di un piacere in grado di sopravvivere alla stretta morale dell’Inghilterra vittoriana.
Tra la stesura di un’opera e l’altra, le cronache rimandano infatti il ritratto, decisamente poco convenzionale, di un genio intento a sottoporsi a rigide diete, a curare i propri acciacchi mediante il ricorso alle preziose acque di Bad Homburg e a cogliere il soggiorno curativo come incentivo a ridurre la quantità di sigarette giornaliere; quasi come se il suo adorato vizio avesse potuto in qualche modo compromettere l’inalazione dei salubri vapori generati dal complesso termali mitteleuropeo.
Le vicende di Wilde nei complessi termali dell’Assia non sono che uno degli infiniti lasciti di un’epoca remota in cui le terme rappresentavano l’epicentro di un’Europa artistica volenterosa di coniugare antiche tradizioni con un rinnovato afflato rivoluzionario, andando a scoprire una ricomposizione dei limiti corporei, a seguito del loro continuo superamento
L’idea di liberare il corpo dai limiti fissati dalla morale e da una visone austera e meramente funzionale dell’organismo umano, necessitava cioè di un contraltare in grado di ricomporre e rigenerare quello stesso corpo messo a dura prova da eccessi e libertinaggio, di modo che il ricorso alle cure termali si poneva come un autentico ritorno alla vita agli occhi di poeti e scrittori, reduci da incubi mentali e abusi di droghe.
Accadde così che i grandi termali europei divennero nel corso dell’Ottocento un coacervo di artisti volenterosi di scambiarsi opinioni sui piaceri della vita e di avventori desiderosi di fare parte di quei luoghi incantati dove le acque lavavano via ogni onta e facevano sorgere nuove ispirazioni.
In una lettera scritta dalla moglie di Oscar Wilde, oggi divenuta un prezioso reperto storico, la donna afferma di rimanere stupita di fronte ai cambiamenti del marito ogniqualvolta lo vedeva recarsi alle terme e di non riuscire più a riconoscere l’umo che aveva sposta data la vastità dei cambiamenti positivi che l’ambiente termale apportava su un uomo tanto intelligente e acuto da capire che la volontà di apparire sempre comunque in conformità all’idea che gli altri nutrono di noi non è che una chimera da lasciare ai mass media e alle cronache del secolo successivo.