Fatta eccezione per i soggetti ortoressici ed estremamente paranoici, tutti noi ci troviamo generalmente disposti a chiudere un occhio di fronte ai veleni e agli inquinanti industriali che si trovano nei prodotti alimentari, ma solo a patto di riporre fiducia nelle organizzazioni deputate a vigilare che i suddetti livelli tossici si mantengano entro una soglia di tollerabilità percepita come “non troppo” negativa dall’organismo umano e quindi parzialmente sicura.
Sulla base di un compromesso implicito che regola ormai l’intera fruizione del mercato alimentare ci troviamo per tanto traditi e spiazzati quando apprendiamo che un determinato prodotto è stato ritirato perché lavorato e inscatolato in assenza di quelle minime accortezze necessarie ad impedire lo sviluppo di seri effetti collaterali e a tradire la fiducia del fiducioso acquirente.
Dopo lo scandalo legato a micro-frammenti di vetro inseriti per errore all’intenro di alcune confezioni di passata di pomodoro, è ora la volta del pesce spada, finito al centro del mirino del Ministero della Salute per via di alcuni lotti in cui gli inevitabili e ormai dati per assodati livelli di mercurio si troverebbero a sforare la soglia di tolleranza, andando a rappresentare un pericolo per la salute più immediato e concreto di quello connesso con l’assunzione del principio chimico nel lungo termine.
Nel dettaglio, i lotti passibili di ritiro sono quelli prodotti dalla società Effeti Surgelati srl di Calenzano (fi), denotati dai numeri: 70898; 70899; 72476; 72477; 72478; 72838; 73409; 74330; 75185, con data di scadenza fissata per il 27 maggio 2017 e identificati dal marchio IT W2V5V CE.
Pescati in alcune remote zone dell’Oceano Pacifico, i suddetti lotti sarebbero stati ritirati per via dell’assenza di quei controlli specifici che le norme comunitarie impongono a tutti i prodotti considerati a rischio mercurio (pesce spada e tonno in primis) e per un processo di inscatolamento condotto dunque senza che tutti i crismi e le accortezze previste dalla legge venissero applicati.
Chiunque abbia acquistato uno dei lotti incriminati presso un qualunque punto vendita della grande distribuzione organizzata è dunque invitato a restituire il prodotto integro e a ricevere quel rimborso che consentirà il ripristino di quell’antico patto in base al quale ci troviamo tutti disposti a lasciarci “avvelenare” , ma non in modo troppo rapido ed evidente.
Fonte: Emerge il Futuro