Il giorno stesso in cui si decise di frammentare e disperdere il Sistema Sanitario Nazionale in infinite competenze su base regionale, a nessuno venne in mente di verificare se le regioni alle quali veniva tramandato il potere fossero effettivamente in grado di far fronte a spese ed incombenze mediche, con il risultato di un’Italia sempre più divisa tra eccellenze ed inefficienze.
All’indomani della pubblicazione dell’annuale classifica delle regioni virtuose in ambito sanitario, si apprende infatti che sono solo otto quelle in cui i Lea (Livelli essenziali si assistenza) vengono rispettati, il che significa, che in un esiguo numero di regioni italiane il cittadino può accedere in modo gratuito a quell’insieme di servizi partoriti per non avere costi aggiuntivi.
In cima alla classifica della sanità di casa nostra svetta la Toscana, con 217 punti, seguita a ruota da Emilia Romagna, Piemonte, Liguria, Lombardia, Marche, Veneto e Basilicata; tutte regioni dove il sistema dei Lea viene rispettato e la rimborsabilità di esami diagnostici e interventi ambulatoriali viene garantita dalla presenza dei ticket e dalla capacità delle strutture di farsi carico delle spese mediane il ricorso ai doverosi rimborsi.
Man mano che si scende nella graduatoria, lo scenario cambia drasticamente ed aumentano a dismisura i disservizi che cessano di essere l’eccezione per trasformarsi nella norma più assoluta in prossimità delle ultime posizioni, occupate rispettivamente da Lazio, Molise, Campania e Calabria, regione maglia nera della sanità italiana, scesa di tre posizioni in un solo anno solare.
La classifica ha evidenziato, come di consueto, una netta frattura geografica tra nord e sud del Paese (fatta eccezione per la virtuosa Basilicata) e la necessità di intervenire al più presto su uno squilibrio divenuto ormai strutturale che si traduce in scarsa disponibilità ambulatoriale, costi aggiuntivi ed infinite attese man mano che si scende al di sotto dell’area compresa tra Val d’Aosta e Toscana.
Onde evitare che le diseguaglianza sanitarie diano luogo a nuovi scompensi sociali, sarebbe opportuno che lo Stato si facesse portavoce di un’istanza riequilibratrice, dato che, a coloro che decisero di frammentare la sanità in micro-strutture regionali, non venne in mente che la cosa avrebbe potuto assumere rapidamente i connotati di un’autentica piaga a danno dell’ignaro cittadino.