Da qualche decennio a questa parte, l’intera ricerca scientifica appare sempre più rivolta alla scoperta di quelle cause organiche e genetiche che portano un determinato organismo ad invecchiare con maggiore rapidità rispetto ad un altro coevo e chiarire la ragione di quel particolare nesso che porta la cosiddetta età biologica di una persona a differire, spesso in modo evidente, dalle caratteristiche anagrafiche mostrate sulla carta di identità.
In questo ambito di ricerca, non molto tempo fa, un gruppo di ricercatori scandinavi aveva ipotizzato che, alla base dell’invecchiamento precoce, vi fosse l’accorciamento di alcune strutture cromosomiche, denominate telomeri, provocato da un’eccessiva sedentarietà e da un numero abnorme di ore trascorse in posizione seduta, il cui effetto, secondo gli autori dello studio, avrebbe una portata devastante sulla durata della vita dei telomeri e dunque sul processo i invecchiamento dell’individuo coinvolto.
A conferma di quanto l’eccessiva sedentarietà rappresenti il terreno fertile per l’invecchiamento precoce, una recentissima ricerca condotta dalla University of California San Diego School of Medicine ha indirettamente validato su base statistica le tesi scandinave e mostrato come, stando seduti troppo a lungo tendiamo ad invecchiare molto prima e molto peggio.
Prendendo in esame un campione statistico pari a 1481 donne, di età compresa tra i 65 e i 95 anni, i ricercatori californiani hanno infatti potuto constatare come la porzione del campione statistico che praticava regolare attività fisica di tipo aerobico mostrasse parametri biologici decisamente migliori e più “giovani” rispetto a coloro che, invece, trascorrevano le serene fasi della loro terza età spostandosi da una poltrona all’altra e rinunciando del tutto alle quotidiane passeggiate.
La ricerca si è svolta facendo indossare a tutte le signore coinvolte nel test una particolare accelerometro che misurava la quantità giornaliera di passi compiuti ed incrociando i dati ricavati dallo strumento tecnologico con una serie di paramenti riconducibili alla sfera dell’invecchiamento e dello stato di conservazione delle funzionalità corporee a fronte del passare del tempo.
Dall’analisi incrociata è emerso che camminare per circa 40 minuti al giorno portava in dote una serie di vantaggi enormi e che coloro che si dedicavano alla pratica con assiduità risultavano più giovani delle loro coetanee di circa otto anni e disponevano di telomeri meno deteriorati e più efficienti.
Pubblicato sull’American Journal of Epidemiology, lo studio si pone dunque nel solco di quella recente tradizione medica che pare avere individuato nella pigrizia la radice di tutti i mali e che svela i misteri dell’invecchiamento proprio a partire da una semplice camminata e dalla capacità di interrompere nostri processi genetici alzandoci dal divano.
Fonte: Emerge il Futuro