Ogni condizione assimilabile alla disabilità o alla diversità dovrebbe trovare il suo naturale contrappasso in un tessuto sociale volenteroso di accogliere i soggetti autistici e di produrre logiche integrative finalizzate all’eliminazione di quella medesima diversità che rischia spesso di tradursi in emarginazione e paura.
Se risulta, per tanto, buona norma farsi carico delle tragedie altrui (e non solo in base al fatto che potrebbero un giorno accadere anche a noi), fanno piuttosto orrore i comportamenti che viaggiano in direzione opposta e che hanno portato, nei giorni scorsi, al disonore delle cronache la vicenda di Giulio, ragazzo autistico di Livorno al quale è stata vietata la partecipazione alla gita scolastica.
Stando a quanto riportano le numerose emittenti televisive giunte a render conto della vicenda, pare infatti che Giulio si sia trovato, a sua insaputa, escluso dal novero degli alunni in procinto di prendere parte alla gita scolastica e tutto questo non per la legittima volontà dei genitori di sottrarre il ragazzo alla potenziale esposizione verso pericoli, ma perché la preside dell’istituto si sarebbe presa la briga id sostituirsi ai tutori legali del giovane e avrebbe deciso di tagliare la testa al metaforico toro e di escludere, appunto, Giulio dalla gita.
Anche ammettendo la buona fede della preside, secondo la quale la gita in direzione dei boschi di Larderello non era adatta ad un soggetto portatore di disabilità in quanto molto stancante, sfugge in questa sede quale autorità abbia portato la rettrice dell’istituto a scavalcare la famiglia e ad assumere decisioni che per loro stessa natura competono solamente ai tutori legali del soggetto in questione.
Subito accolta con immensa solidarietà dal web, pronto ad adottare metaforicamente il ragazzino con l’hashtag #iosonogiulio, la storia ha trovato il suo triste epilogo con l’ingresso di Giulio in un’aula deserta in cui la presenza di un insegnate di sostegno era l’unica vestigia rimasta di quel collante sociale che dovrebbe spingerci tutti in direzione della più completa immedesimazione verso i soggetti affetti da disabilità o diversità.
Fonte: Emerge il Futuro