Dato il numero sempre crescente di ormoni e antibiotici somministrati alle povere bestie da allevamento, cresce a dismisura il fronte di coloro che ritengono la carne di selvaggina come la più naturale e la più salutare; teoria non del tutto errata che si scontra tuttavia con gravi rischi legati a particolari patologie, come la trichinellosi, che si trasmettono attraverso la carne di cinghiale.
Originata a partire da particolari parassiti intestinali, le trichinelle, che dimorano all’interno degli animali, la trichinellosi è una severa forma di infezione che può colpire dopo aver consumato pietanze a base di carni selvatiche ed è rapidamente balzata agli onori delle cronache nostrane in virtù di un caso legato ad un’intera famiglia pugliese finita trsistemente all’ospedale dopo aver mangiato del cinghiale.
I tre membri del nucleo familiare colpiti dalla patologia, originari della provincia di Foggia, avevano infatti deciso di cimentarsi con la produzione autoctona di salsicce a base di cinghiale, il cui consumo ha provocato quel complesso quadro sintomatologico, comprensivo di febbre, dolori muscolari e gastroenterite che è stato ricondotto dai medici locali proprio alla tirchinellosi e che ha trasformato l’episodio in un monito per chiunque intenda consumare i cinghiali originari della zona geografica incriminata.
La ricomparsa di un patologia che si riteneva erroneamente estinta da quasi mezzo secolo (l’ultimo caso registrato nel foggiano risale al 1968) ha inoltre portato all’attenzione delle unità veterinarie il rischio legato ad un nuovo contagio del bestiame, provocato da quell’alta trasmissibilità delle larve che potrebbe spingere persino i più convinti sostenitori della selvaggina a ricredersi sulla bontà delle carni di allevamento.
Fonte: Emerge il Futuro