Purtroppo, anche in un mondo che dedica sempre più impegno e risorse alla lotta al cancro, il termine “guarigione” continua da vere una valenza astratta e si riferisce alla possibile comparsa di recidive in un determinato arco temporale, di modo che, se al trascorrere di una ben precisa scadenza, il tumore non ha fatto la sua ricomparsa, il paziente può considerarsi guarito, anche fronte di un rischio che resta spesso molto elevato.
Efficaci soprattutto nell’ambito che concerne le forme tumorali particolarmente sensibili alla componente ormonali, cancro al seno in primis, le moderne terapie mirano dunque ad impedire il ritorno in auge del cancro e a contenere la minaccia il più a lungo possibile, cercando di spostare l’asticella in corrispondenza della durata media della vita del paziente ed andando così a mettere in atto una piena guarigione di fatto.
Secondo quanto emerso nel corso del recentissimo Congresso della società americana di oncologia medica (Asco), la strategia pare in grado di dare frutti più che lusinghieri, dal momento che nelle pazienti sottoposte a terapie ormonale, le recidive legate alla ricomparsa del tumore al seno si sono drasticamente ridotte e che la cura sta sempre più contenendo di mantenere il rischio ad un ambito meramente potenziale.
Uno studio condotto su un campione statistico pari a 1900 donne affette da cancro al seno ha infatti mostrato come il proseguimento di una terapia basata su estrogeni diminuisca sensibilmente le possibilità di ritorno del cancro nel seno di origine e abbatta radicalmente quelle legate alla comparsa del tumore nell’altra mammella, nonostante il rischio presente in pazienti oncologici risulti normalmente molto più elevato rispetto a quello presente in soggetti privi della medesima storia clinica.
Nel dettaglio, l’impiego di una terapia ormonale protratta per almeno dieci anni consente luna diminuzione del rischio legato a recidive pari al 34% medio, andando così a diminuire di oltre un terzo l’incidenza del tumore al seno sulla mammella di origine e consentendo alle pazienti una vita piuttosto lunga e comprensiva di quel termine “guarigione” che pare farsi via via sempre meno astratto.
Fonte: Emerge il Futuro