Dopo il primo presunto caso di trasmissione del virus Zika attraverso un rapporto sessuale, le principali preoccupazioni della ricerca medica si sono rivolte a chiarire il possibile nesso tra l’agente patogeno e la sua trasmissione per via sessuale e a stabilire se e quanto il virus riesce effettivamente a sopravvivere all’interno del liquido seminale.
A porre fine ad una diatriba che ha visto per settimane contrapporsi due distinte fazioni mediche, è recentemente giunto uno studio italiano che parrebbe attestare la possibilità di un contagio per via sessuale ed andrebbe così ad estendere a dismisura lo spettro potenziale dei casi di contagio nel mondo.
La ricerca condotta dagli esperti facenti capo al Dipartimento Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) ha preso in esami alcuni casi di contagio anteriori all’epidemia in atto (risalenti al 2014) ed ha osservato come esistano fattori reali di rischio legati alla sopravvivenza del virus all’interno del liquido seminale per diverse settimane e quindi alla possibilità che la patologia sia oggetto di uno scambio attraverso un rapporto amoroso, secondo uno schema in cui le donne si troverebbero maggiormente esposte al contagio.
Nel frattempo, le autorità sanitarie americane riferiscono di 14 nuovi presunti casi in cui i soggetti contagiati non avrebbero subito il morso della zanzara aedes aegypti, andando così da avvalorare la tesi italiana che prevede la trasmissibilità del virus tra esseri umani e che esclude la puntura dell’insetto tropicale quale causa unica per la contrazione della patologia infettiva.
Se lo studio retrospettivo pubblicato sulla rivista di settore Eurosurveillance attesta quindi l’esistenza di una trasmissibilità per via sessuale, resta ora da chiarire quali fattori mantengono l’effettivo contagio tra esseri umani a livelli così basi da risultare quasi irrilevanti, prima che il nesso istituito di luogo ad altre interminabili diatribe destinate a dividere in due fazioni il mondo della ricerca clinica.
Fonte: Emerge il Futuro